Difesa della lingua italiana


Difesa della lingua italiana
I Convegni internazionali sono una buona occasione di ricordare a tutti gli italofoni, (non è detto che in Italia tutti lo siano) la bellezza della lingua italiana e la capacità di tradurre in stile piacevole e orecchiabile tante espressioni anglosassoni come per esempio: marketplacesocial networkbusiness communitycrowdfundingsharing-economySi potrebbe proporre un concorso di bellezza linguistica invitando a proporre locuzioni innovanti all’italiana creando termini originali come pendolariterremotati, a fronte di parole inglesi a cominciare da computer traducibile banalmente in calcolatore, quando i spagnoli dicono ordendo e i portoghesi computador. In Italia, si potrebbe usare l’abbreviazione inglese P.C. (personal computer) interpretandola in pici al Nord ed in picci al Sud.
Si ricordano i nomi americani dei personaggi dei cartoni animati Disney tradotti in italiano: Topolino, Paperino, Paperone, Pippo…
Andrebbe fatta lo stesso in materia di stesura di contratti internazionali e di difesa dei diritti.
Per la redazione di qualsiasi contratto bilingue, in particolare quando una delle lingue usate è l’inglese. Ovviamente, il ragionamento vale per tutte le altre lingue ! Come lo esprime in modo lampante l’eminente avvocato italo-americano Gisella Levi Caroti « il contratto può essere steso in due versioni ma le parti devono necessariamente decidere quale è la versione vincolante. Infatti molto spesso le due versioni non sono completamente uguali e la terminologia non coincide. Se il contratto stabilisce che è applicabile la legge dello stato di New York o di altro stato americano, e che le Corti di New York o di altra corte americana hanno giurisdizione esclusiva sulla controversia che può derivare dall’interpretazione del contratto, la versione in Inglese deve necessariamente essere scelta dalle parti come vincolante. Questo ad evitare che un giudice americano debba interpretare un contratto in Italiano che deve a sua volta essere tradotto. Inoltre, anche per le parti stesse non vedo l’utilità della versione italiana se la terminologia tra i due contratti, come spesso accade, è diversa e può servire solo a creare confusione per la parte che non conosce l’Inglese e che crede solo alla versione italiana. La scelta del contratto in Inglese non è, per la maggior parte dei casi, fatta per pavoneggiarsi, ma per facilitare una corretta interpretazione della volontà delle parti”. Il ragionamento sta benissimo all’anglosassone ma non conviene alla parte italiana. In effetti, dal lato italiano, non essendo per ipotesi bilingue né il cliente né il suo avvocato, l’interesse è di affidarsi alla versione italiana del contratto onde non rischiare di essere indotto in errore. Quindi fare prevalere nel contratto la versione di propria convenienza diventa una precauzione legittima. Se la controparte -per ipotesi anglosassone- la respinge e desidera imporre la versione in inglese, per salvaguardare la propria posizione spetta opporre nelle negoziazioni il rispetto dell’equilibrio contrattuale ed esigere in tal caso di ricorrere alla necessaria interpretazione del contratto da parte di terzi. Per terzi, si intende qualsiasi parte esterna al contratto. Ed in primo luogo, il Tribunale per ipotesi competente che -se il giudice conosce bene le due lingue del contratto e se le parti si fidano di lui- non costerebbe niente ! Nel caso contrario, i contraenti potrebbero prevedere nel contratto di ricorrere, ognuno dal proprio lato a proprie spese avanzate, a un traduttore bilingue abilitato. Per il caso -raro- di conflitto persistente, andrebbe pattuito che il Tribunale, sollecitato dalle parti, possa decidere al riguardo nominando un terzo traduttore bilingue, salvo se stimasi sufficientemente informato. Cosicchè se uno dei contraenti pensa di essere stato indotto in errore dalla traduzione del contratto nella propria lingua (ovviamente se non stipulata dall’inizio contrattualmente prevalente), conserverà la facoltà di provarlo in giudizio.
Il mondialismo condizionato dagli anglosassoni ci divorerà se si rinunzia definitivamente a difendere la propria lingua.

Jean-François Sampieri-Marceau

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